Vamos

03.02.2015 05:53

Altroché stare ad Arcore a leccarsi le ferite per aver impattato con lo spregiudicato Matteo Renzi e per avere tra le mani un partito in cui ognuno fa ciò che vuole e nessuno sta più ad ascoltare il verbo dell’Unto dal Signore.

Per Silvio Berlusconi il giorno che precede il giuramento di Sergio Mattarella come dodicesimo presidente della Repubblica è stato di quelli da incorniciare. Da Milano gli è arrivata la notizia che il giudice di sorveglianza ha dato parere favorevole all’anticipazione della fine della pena per la condanna per frode fiscale nel processo Mediaset con 45 giorni d’anticipo e quindi l’otto marzo, festa della donna!, tornerà libero come un fringuello. Da Roma, invece, il neo Presidente della Repubblica, con una telefonata personale lo ha invitato al Quirinale per assistere al giuramento. Davvero un bel riconoscimento politico l’invito del Colle al cerimoniale per l’insediamento del Presidente, con la speranza per noi umani che l’invito non diventi anche un ottimo segnale per chi froda il fisco. E pensare che c’era chi temeva che l’arrivo al Colle di Mattarella, l’uomo della Panda grigia e di poche parole, l’uomo tutto di un pezzo, fosse il preludio  a sette anni di peste bubbonica per Ercolino sempre in piedi. Invece, il settennato di Mattarella (ipse dixit) sarà ispirato a ricucire il paese e alla pacificazione. Pacificazione? C’è stata una guerra? Non pare. È lodevole l’intento del Presidente della Repubblica di provare a fare dell’Italia un paese normale dove si confrontano le idee pacificamente, ma se la pacificazione passa attraverso un colpo di spugna e un “scurdammoce 'o passato” si dimostra, semmai ce ne fosse bisogno, che alla fine per alcuni il reato paga e la legge non è mai uguale per tutti. Per dirla fuor di metafora Silvio non è mica Fabrizio Corona che è stato condannato ad una quindicina d’anni perché antipatico e non sa raccontare neppure una barzelletta. E quindi vamos, che il Colle aspetta.


contatori visite