“Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D'Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito”. A dire queste parole è naturalmente Matteo Renzi, non appena metabolizzata un po’ la sconfitta del Pd ai ballottaggi di domenica scorsa.
Naturalmente non si prende la colpa del mezzo flop, ma la batosta gli offre lo spunto per gonfiare il petto e tornare ad essere l’uomo solo al comando di tutto, anche se in realtà non è che avesse delegato un granché. Quindi, secondo il ragionamento del premier e segretario del Pd, per vincere servono muscoli e pugno di ferro. Ad essere un po’ meno decisionisti si paga dazio. Questa è un’analisi molto, molto semplicistica e molto pro domo sua. In realtà la sconfitta è anche il risultato di una politica per lo più incomprensibile, fin troppo decisionista e magari anche la conseguenza della questione morale ormai sempre più evidente. È inutile che adesso Renzi, di fronte alle sconfitte, dica: “Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti. Io in quelle scelte non ho messo bocca”. Il che equivale a dire: se avessi candidato i miei uomini avremmo vinto ovunque. Sappiamo bene che non è così. Ma sappiamo bene – e questo un po’ lo temiamo – che se tornerà per davvero e tutto intero il Renzi 1 sarà la fine del Pd, inteso come partito plurale. Intanto, come si diceva, le prime avvisaglie già ci sono ed è lo stesso segretario ad annunciarle: “Una cosa è certa: le primarie sono in crisi. Dipendesse da me la loro stagione sarebbe finita”. Le primarie, inutile girargli attorno, in moltissimi casi sono state quanto di peggio si potesse immaginare. Faide, lotte, votanti raccattati per strada e via discorrendo. Ma è bene che Renzi lo ricordi, le primarie sono quella cosa che gli hanno permesso di prendersi un partito – ma proprio prendersi, in senso letterale – pur non avendo particolari meriti nella sua nascita e nella sua costruzione. Le primarie avevano ed hanno un pregio: quello di provare a scegliere in modo un po’ più democratico i propri rappresentanti. Poi essendo in Italia ed essendo in politica fatta la legge, trovato l’inganno. Adesso anche queste finiranno in soffitta perché così vuole il Renzi 1, quello che Maurizio Crozza rappresenta dal balcone in una parodia di quello ben più famoso e tragico di Palazzo Venezia. Staremo a vedere. Intanto il premier, ovvero Renzi 1, ha già dato gli otto giorni al sindaco di Roma Ignazio Marino indiziato di essere tra le possibile cause delle sconfitte qua e là per l’Italia: “Forse tra un anno si voterà anche a Roma e se fossi in Marino non sarei tranquillo”. Una frase molto simile a quell’Enrico stai sereno. E in tutto e per tutto uguale alla visione politica dell’uomo sul balcone. Diciamo quello di Crozza, va!