Ultimo

25.08.2015 07:05

Il nome forse dice poco. Ma se al nome che risulta all’anagrafe si aggiunge quello in codice di “Capitano Ultimo” allora Sergio De Caprio non è più solo un nome, ma per molti diventa un mito. Per molti italiani, ovviamente. Non per le gerarchie dell’Arma dei carabinieri di cui oggi è un colonnello. Sergio De Caprio, il “Capitano Ultimo”, dalla cui storia è nato anche un bellissimo film con Raoul Bova protagonista, è il carabiniere che nel gennaio del 1993 fece scattare la manette ai polsi Totò Riina latitante da 25 anni. Da allora la carriera del giovane ufficiale, che non ottenne né medaglie né riconoscimenti ma rimediò solo una condanna a morte dalla mafia, è stata costellata di eventi piuttosto stani che sintetizziamo per sommi capi: con un ordine di servizio è stato estromesso dai Reparti operativi, ebbe un processo per la mancata perquisizione del covo di Riina da cui uscì assolto, poi finì docente della Scuola ufficiali, nel 2009 gli tolsero la scorta che gli venne riassegnata dopo la rivolta dei suoi uomini che si erano raddoppiati i turni per proteggerlo. Infine il trasferimento al Noe, il Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri,  posto dal quale Sergio De Caprio ha portato in porto operazioni brillantissime che hanno fatto emergere ogni sorta di malaffare con al centro esponenti di primo piano della politica e dell’imprenditoria italiana. Insomma: la cosiddetta mafia dei colletti bianchi. Ebbene, anche qui nessuna medaglia. Ma l’ennesimo stop. Nei giorni scorsi il colonnello De Caprio ha ricevuto una lettera con la quale gli veniva comunicato che pur mantenendo il grado di vicecomandante del Noe non avrebbe più svolto funzioni di polizia giudiziaria e non sarebbe più stato alla guida dei suoi duecento selezionatissimi uomini. Strano vero? Uno molto bravo a portare a conclusione indagini complicatissime e a mandare alla sbarra lestofanti spesso in giacca e cravatta viene tolto dai ruoli operativi e mandato a scaldare qualche scrivania. Le motivazioni ufficialmente parlano di normale avvicendamento e di cambiamento strategico nell’organizzazione dei reparti. Qualcuno però dietro a questo strano stop intravede una connessione con qualcosa successo molto recentemente. Un qualcosa che ha a che fare con l’intercettazione - pubblicata dal Fatto Quotidiano – della chiacchierata tra Matteo Renzi  e il generale della Gdf Michele Adinolfi nella quale l’attuale presidente del consiglio, all’epoca della telefonata segretario del Pd, definiva “incapace” Enrico Letta e preannunciava al generale la volontà di fare le scarpe Primo Ministro, cosa che poi puntualmente avvenne. Ebbene a condurre le indagini relative allo scandalo della cooperativa rossa Cpl Concordia – in cui finì anche la telefonata ricordata- chi c’era? Ovviamente il colonnello Sergio De Caprio. Nella rimozione dai ruoli operativi del colonnello i più maliziosi intravedono la conseguenza dei troppi calli pestati perché “Ultimo” era solito non guardare in faccia nessuno. Sarà così o si tratterà solo di normale avvicendamento professionale? Se seguissimo il motto attribuito a Giulio Andreotti (“A pensar male si fa peccato, ma spesso di indovina”) non ci sarebbero dubbi. Ma siccome non vogliamo pensare male, proviamo a credere al normale avvicendamento. Così va il mondo. Perché come dice il vecchio adagio, scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Soprattutto quanto i santi hanno certi nomi. E naturalmente chi è Ultimo, stia in fondo alla fila.

 


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