L’orrenda frase sulla difesa della “razza bianca” con cui il candidato alla presidenza della Regione Lombardia Attilio Fontana ha salutato la sua discesa in campo scivolerà via senza scossoni e non farà perdere un solo voto ad un personaggio che dovrebbe inchinarsi e chiedere scusa all’Italia intera, altroché cavarsela come ha fatto con un “è stata una frase infelice”. Purtroppo dopo le sincere prese di posizione di qualcuno, i distinguo di maniera di altri e la difesa ad oltranza sia nella forma che nella sostanza del suo leader Matteo Salvini anche questa bestialità di forma e di sostanza, finirà del museo degli orrori nell’indifferenza dei più. Ormai ci si abitua a tutto. E molto spesso si butta tutto in vacca. Ma un conto sono le bestialità da campagna elettorale di cui tutti, ripeto tutti i leader sono prodighi. Un’altra è il rifiuto o la sufficienza con cui i drammi della Storia sono trattati. Dalle “dentiere per tutti” alla “difesa della razza bianca” c’è un’enorme differenza. Se sulla prima si può ridere e sbeffeggiare il suo autore, sulla seconda la condanna dovrebbe essere unanime. Invece c’è chi alza le spalle, chi parla di una “cosa vecchia di 70 anni” invitando a guardare avanti e chi non avendo imparato nulla dalla Storia sottoscrive. Siamo davvero in cattive acque. E pensare che tutto sarebbe molto semplice. I cittadini hanno una formidabile arma tra le mani che è la matita della cabina elettorale. Alla fine, però, il timore è che i governanti e gli aspiranti tali non siano altro che lo specchio della società che li esprime. Qualcuno è vero prova a resistere, ma la battaglia appare sempre più faticosa.
