Padre, figlio e Quirinale con lo Stivale alla deriva

14.11.2014 10:32

È bastato che la sapiente regia quirinalizia affidasse ad un paio di giornalisti amici il messaggio delle prossime dimissioni del Presidente Giorgio Napolitano a provocare una bagarre politica figlia, purtroppo, della pochezza della politica stessa.

A notizia fresca di stampa è iniziato subito il gioco del toto presidente così ricco di nomi da sembrare una guida del telefono: da Romano Prodi a Stefano Rodotà, al rosa che va tanto di moda con Emma Bonino, Roberta Pinotti, Marta Cartabia e Anna Finocchiaro agli esperti navigatori sempre in pista e sempre in piedi come Pierferdinando Casini, Giuliano Amato Walter Veltroni agli autocandidati sabaudi Sergio Chiamparino e Piero Fassino tanto per citare i primi che vengono in mente. Qui ci fermiamo, ma l’elenco potrebbe proseguire.

Intanto va detto che il prossimo presidente lo deciderà al 90% l’attuale asse pigliatutto che risponde al nome di Matteo Renzi lasciando le briciole della scelta a Silvio Berlusconi. Checché ne pensino e checché ne dicano i comprimari della politica al Colle salirà solo un uomo o una donna MOLTO vicino a Renzi. Ma al di là dei nomi, ciò che ha stupito è stata la reazione politica alla notizia delle dimissioni.  A parte le bordate alzo zero di Daniela Garnero Santanché e del suo moroso Alessandro Sallusti e di pochi altri, il resto è stato tutto un coro angelico di simil voci bianche a intonare lodi al Presidente. Come dire: après lui le déluge !

Certo fa uno strano effetto vedere che i tempi della politica sono dettati da un novantenne seppure in piena forma. Nonostante i grandi sforzi che ogni giorno mette in campo il giovane premier e la sua banda di fedeli lupacchiotti per far vedere al mondo come sono bravi, scaltri e tenaci i ragazzi terribili della politica italiana, alla fine è nonno Giorgio a suonare la campanella per dettare i tempi della politica. Può non piacere, ma è così. Ed è così per la tremenda pochezza di una politica che riesce ad essere normale solo a parole e mai nei fatti. Ed è così perché già nel 2013 la pochezza della politica confermò al Quirinale Giorgio Napolitano solo perché incapace di trovare un altro nome condiviso.

Saranno gli storici e non i pennivendoli o i politicanti di quarta fila a dare un giudizio sull’operato dell’attuale inquilino del Quirinale. Noi comuni mortali ci accontentiamo di osservare che ad interrompere quella bruttissima (e forse fasulla) partita a scacchi messa in essere da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi su riforma elettorale e riforma della Costituzione è stato il “messaggio” fatto filtrare dal Quirinale con le prossime (prossime?) dimissioni di Napolitano.

I due, seppur partendo da rapporti di forza nettamente diversi, sono complementari per ragioni opposte.  A Matteo Renzi interessa garantirsi il potere ed aumentare i consensi del suo (si, SUO) partito che potrebbe addirittura cambiare nome in Partito della Nazione; al vegliardo di Arcore marginale e in caduta libera di consensi e credibilità interessa SOLO mettere sul tavolo quel po’ di potere che gli resta per garantire un futuro sereno alle sue aziende e a sé stesso. Della legge elettorale e della riforma della Costituzione l’interesse del fu cavaliere è pari a zero.

Ma proprio per queste ragioni uno ha bisogno dell’altro. In fondo la definizione più azzeccata del feeling tra i due l’ha data quella vecchia volpe della politica italiana che risponde al nome di Massimo D’Alema: Berlusconi si è talmente innamorato di Renzi che lo ha scelto come suo erede. Non saprei di chi fidarmi fra Renzi e Berlusconi. È una bella gara, entrambi sono affini nel dire delle cose e pensarne delle altre”. Diciamo una sorta di Gianni & Pinotto delle sparate ad effetto.  Fatta la tara sul livore di Baffino nei confronti di Renzi la realtà non è poi molto distante dal vero anche se ormai l’erede ha ridotto al ruolo di comprimario il padre putativo. E lo ha fatto proprio sconfiggendolo nella parte di venditore di illusioni che ha sempre caratterizzato l’ex cavaliere. Ormai il giovane ex sindaco di Firenze sarebbe capace di vendere un congelatore anche ad un eschimese al Polo Nord, mentre l’anziano leader faticherebbe a vendere una bibita ad un assetato in mezzo al deserto.

È in questo quadro assai modesto, e con le sorti dell’Italia perennemente in bilico, che si inserisce anche la partita per il Quirinale. Il giorno in cui Giorgio Napolitano deciderà di compiere il grande passo stiamone pur certi che il nome del successore sarà già nella tasca dei due complementari amici. Per altro il ritratto è stato già tratteggiato: il nuovo inquilino del Quirinale NON dovrà essere inviso a Berlusconi e dovrà essere in grande sintonia con Renzi.

Cosa uscirà dal cappello a cilindro di questi due aspiranti padri della Patria è presto per dirlo. Ciò che è chiaro è che a trionfare ancora una volta sarà il vecchio e vituperato inciucio, teoricamente inviso da tutti e in sostanza da tutti assai praticato.

Sullo sfondo si intravede uno Stivale alla deriva. Uno Stivale stanco. Ma ai capitani coraggiosi della nave Italia interessano ben altre cose. In primis provano a far ridere. Proprio come Gianni e Pinotto.