Ma davvero l'Italia è un paese normale?

17.01.2014 08:00

In premessa una domanda: fino a che punto può considerarsi normale un paese in cui il Tar annulla una votazione regionale a quattro anni dal voto, e la Consulta boccia la legge elettorale in vigore da otto anni? La risposta è fin troppo superflua: no, non è un paese normale. Eppure l’Italia, è anche quest0. La colpa di queste abnormità temporali non va però scaricata tutta sui giudici i quali si muovono nell’alveo di leggi predisposte dalla politica.

I due esempi citati – entrambi scandalosi – sono il risultato di un ordinamento giudiziario che meriterebbe una riforma vera, mentre ogni qual volta la politica ha provato a metterci mano lo ha fatto solo ed esclusivamente per imbrigliare ancora di più un sistema farraginoso e altamente ingiusto. In effetti che dire di una politica che non è in grado di predisporre leggi che stabiliscano tempi certi non solo per le cause civili, ma anche per quelle amministrative? La sintesi è che si tratta di una cattiva politica sempre alle prese con codici e codicilli pensati per mettere in cul de sac l’avversario, non per facilitare la vita ai giudici e rendere meno drammatica la vita di chi aspetta giustizia.

Sulla legge elettorale definita “Porcellum” c’è poco da dire, se non che è una brutta legge figlia di complicati calcoli per dare un colpo cerchio e uno alla botte e soprattutto, in assenza di maggioranze ben precise, complicare la vita all’esecutivo e costringere lo stesso ad estenuanti trattative che portano, come in questo periodo, ad ammucchiate mascherate con il nome di “larghe intese”.

Una brutta legge politica, entrata in vigore il 21 dicembre 2005, predisposta dal senatore Roberto Calderoli, che era stata approvata dal centrodestra, ma che in sostanza è stata una legge che ha fatto ben comodo a tutti. Adesso, otto anni dopo, la Consulta dice che fa schifo. Nel frattempo siamo andati al voto nazionale tre volte. 

Se la vicenda della legge elettorale è grave, ben di più lo è la situazione del Piemonte dove, appunto, il Tar ha sancito l’illegittimità dell’elezione di Roberto Cota alla guida della Regione. Senza addentrarci nei meandri dei fatti contestati, che pure sono gravi e spaziano dalle firme posticce apposte a sostegno di liste farlocche, con candidati ignari di essere candidati, qualunque sia la colpa come può risultare credibile un verdetto che arriva a quasi quattro anni dal voto? È fin troppo facile e anche comprensivo che chi è stato eletto gridi se non proprio al golpe, quantomeno ad una vera e propria inqualificabile vergogna.

In virtù di tempi che definire scandalosi è puro eufemismo, la sentenza del Tar del Piemonte finisce con l’affossare anche le ragioni della sentenza stessa. Peraltro – e qui siamo al paradosso – la storiaccia piemontese non è finita: Roberto Cota ricorrerà al Consiglio di Stato con il risultato che forse si arriverà alla parola fine pochi giorni prima della scadenza naturale della legislatura. È giustizia amministrativa questa? Inculcare nella gente che ogni atto compiuto dalla giunta Cota è il frutto avvelenato posto in essere da legislatori illegittimi non fa che portare altro discredito  sulla politica, mai così invisa, e allargare ancora più il solco tra i cittadini e i suoi rappresentanti.

Le dispute sui risultati elettorali non sono prerogativa italiana. In altre nazioni, a cominciare dagli Stati Uniti, sono successi casi in cui è dovuta intervenire la magistratura. E cosa è successo? Nel giro di pochi giorni, al massimo un mese, è arrivato un pronunciamento definitivo e l’eletto, se in regola, ha iniziato in tutta legittimità a governare. Da noi questo non accade perché l’Italia è la patria degli azzeccagarbugli e soprattutto di una classe politica che pare sempre più ispirarsi alle truffe cinematografiche di Totò. Una classe politica che quando legifera – soprattutto in materia che la riguarda -  lo fa in modo da rendere la legge così astrusa e manovrabile a piacere che il risultato finale è riassunto nei tempi scandalosi dei casi qui ricordati.

Se davvero l’Italia vorrà ritornare a crescere, se davvero vorrà essere una Nazione seria e matura, se davvero vorrà avere credito all’estero e magari diventare luogo in cui possano giungere investitori stranieri, non potrà continuare a produrre leggi come fatto fino a ora. In troppi hanno concorso in questi anni a gettare discredito sull’Italia. In troppi hanno concorso a dilapidare un patrimonio economico, morale e civile.

La battaglia del tutti contri tutti ha prodotto i danni che sappiamo. Oggi siamo ad un punto di non ritorno. Forse è ancora possibile non affogare, ma serve una politica nuova e onesta in grado di garantire all’Italia di essere una normale democrazia e non un’accozzaglia burlesca che produce leggi mostruose. Leggi che il più delle volte sono

fatte a immagine e somiglianza e ad uso e consumo di chi le ha prodotte. E soprattutto  non potrà mai esserci vera democrazia con una giustizia azzoppata e inutilmente cattiva.