È pur vero che siamo ancora tutti ammantati dal clima festaiolo di questi giorni e che la politica si è regalata vacanze lunghissime dopo mesi di cazzeggio, ma se ci attardiamo a disquisire se Checco Zalone è di destra o di sinistra siamo alla frutta. Diciamo quella secca di stagione.
Il travolgente successo dell’ultima fatica cinematografica di Luca Medici in arte Checco Zalone ha riacceso la disputa sulla comicità dell’artista pugliese. Nel 2011 con “Che bella giornata” a dare la stura era stato Renato Brunetta che si affrettò a specificare: “Zalone esprime in pieno la filosofia positiva, generosa, anticomunista, moderna, serena di Silvio Berlusconi”. Bum! Poi, ovviamente, non appena Zalone rispose che “mi pare un’interpretazione un po’ troppo alta, anche se per Brunetta è un ossimoro” lo stesso professore veneziano sterzando di 360 gradi sentenziò: “Non fa ridere, è banale razzismo, e con ciò Zalone ha superato l’esame: non è un berlusconiano, è un comico di sinistra”. Arci bum! Quest’anno dopo la prima di “Quo vado” con la presenza in sala a Courmayeur di Matteo Renzi, pargoli e first lady (in altra fila anche Enrico Mentana e Ignazio La Russa) si sono riaperte le danze anche se a dare il meglio di sé sono stati i soloni del nulla mediatico. Il premier, bontà sua, si è limitato a dire di aver “riso dall'inizio alla fine” ed a rimarcare che Zalone prima era “considerato un reietto volgare, snobbato da certi intellettuali, da quei professionisti del radical-chic che ora lo osannano dopo averlo ignorato o detestato”. A pellicola calda in molti non hanno rinunciato a dire la sua. A partire dal ciarliero Matteo Salvini: “Voglio Checco Zalone ministro della Cultura del mio governo” aggiungendo poi che metterebbe Silvio Berlusconi agli Esteri per dire che stava scherzando soprattutto pensando a lui come primo ministro. Naturalmente non poteva mancare la perla di Maurizio Gasparri che ha sentenziato: “Grazie a Zalone Matteo Renzi ha appreso di essere un imbroglione truffatore anche per la presunta abolizione delle provincie”. Lasciando da parte l’avanspettacolo anche i commentatori più seriosi che seri hanno fatto a gara a interpretare il successo di un film comico – ribadiamo un film comico – andando ad ingarbugliarsi in trattati di filosofia e antropologia degni del cambiamento climatico o dell’arrivo a New York della tribù degli Yanomami. Invece era ed è tutto così semplice: la gente corre al cinema perché ha voglia di allegria, di cose leggere, di gag e battute, di storie semplici da vita (quasi) quotidiana raccontata attraverso uno sfigato come Checco anche se poi lui quasi sempre vince mentre per molti di noi la quotidianità della sfiga è un po’ più tenace. E allora nonostante gli sforzi non capiamo perché la politica provi a metterci su cappello, i critici storcano il naso, i radical-chic continuino a perdere tempo mentre i più acculturati si attardano a fare paragoni con Totò e Sordi quando invece la gente normale si accontenta di ridere. Speriamo che passata la piena del successo d’oro di Zalone e con essa le vacanze i soloni ci lascino ridere in pace con Checco, senza costringerci a ragionare su destra, sinistra centro e altre altezze degne di un montagna 20 centimetri. Perché alla fine aveva proprio ragione Victor Hugo quando diceva che “Il riso è il sole, che scaccia l'inverno dal volto umano”. Quindi se ridiamo con e grazie a Checco, evviva Checco. Tutto il resto è noia..