Il trionfo della recita a soggetto

01.11.2013 06:30

Molto probabilmente non vedremo lo scontro in politica tra Matteo Renzi a Marina Berlusconi. La sola ipotesi che potesse accadere è l’emblema di ciò che oggi resta della politica. Da una Repubblica fondata sul lavoro stavamo per diventare una Monarchia fondata sul Biscione?

Forse varrebbe la pena ricordare che la parola “politica” deriva da “polis”, che in greco significa città e che secondo la definizione in uso corrente potrebbe essere sintetizzata come “l’arte di governare la  società”. Averne ricordato il significato non è accademia giornalista, aiuta solo a comprendere in quale marasma siamo caduti se “l’arte di governare la società” e la cosa pubblica, cioè il bene di tutti, vive di compromessi ed è trattata alla stregua di un qualsiasi prodotto commerciale. 

E che dire di quelli che un tempo erano i comizi di piazza o in teatro? Oggi i big recitano a copione secondo lo stile inaugurato da colui che nella comunicazione è inarrivabile: Silvio Berlusconi. Oggi il suo stile ha fatto proseliti. Non solo (ovviamente) Beppe Grillo, comico da piazza a da teatro, che prima faceva ridere con gli spettacoli ed oggi intrattiene il pubblico con una recita a copione come se la sua politica fosse solo spettacolo e slogan, ma anche Matteo Renzi, ormai, porta in giro il suo spettacolo ricalcando in modo impressionante lo stile del Berlusca. Renzi sul palco è accattivante. Piace e prende il pubblico. Fa le pause giuste e le battute ad effetto. Coinvolge i presenti e chiede loro di partecipare al copione.

Naturalmente non è il caso di rimpiangere i vecchi comizi di Aldo Moro o Mimo Martinazzoli che in fatto di comunicabilità avevano l’appeal di una barzelletta raccontata da Sallusti, ma forse i loro contenuti si. Perfino Giorgio Almirante o Amintore Fanfani e finanche Enrico Berlinguer, che pure erano bravi a comunicare, non hanno mai recitato a soggetto né con il copione in mano, scritto magari dai famosi e celeberrimi guru che bazzicano i retro bottega della politica. Si combattevano per portare avanti la loro idea di società e d’Italia. E la differenza non è poca cosa.

Matteo Renzi ha molte ragioni quando dice che, tanto per restare nel suo campo, “la sinistra che non si rinnova diventa destra” e che “bisogna saper guardare al futuro e non al passato”. Ovvietà. Ma, ovvietà per ovvietà, slogan per slogan, allora Renzi che è toscano come Bartali, abbandoni il suo motto “Diamo un nome al futuro” e prenda a prestito lo slogan del grande ciclista e lo faccia suo: “ È tutto sbagliato, è tutto da rifare”. Così, in una rincorsa senza fine, sarà sempre tutto sbagliato e quindi tutto da rifare.  

Più semplicemente, forse, sarebbe bene che se il centro sinistra vuole tornare a governare, ma a governare davvero, senza quelle tragicomiche commedie dell’assurdo messe in atto da parte dell’Ulivo prodiano, tornasse a guardare alla sua storia, alla storia della militanza intesa come valore e non come sederi da sistemare, alla politica del bene comune. Pare invece che per vincere servano etichette e slogan messi in spettacolo da chi sa recitare meglio il copione. O magari chi sa regalare sogni come il pifferaio magico. Altro che destra o sinistra, con tutte le sue sfumature da artisti del posto comodo. 

È naturale che anche la politica deve seguire la società che viaggia ad una velocità molto elevata. Ciò che era valido ieri, oggi è mediaticamente tramontato. Ma la “cosa pubblica” non è un prodotto da super mercato: è un bene che andrebbe difeso soprattutto da chi si appresta a prendere in mano non le redini del comando, caricandosi sulle spalle quella grandissima responsabilità che è, appunto, la gestione della cosa pubblica.

Per tornare all’incipit di questo scritto, come è possibile immaginare, ipotizzare o anche solo supporre che una persona come Marina Berlusconi possa buttarsi in politica naturalmente partendo dal gradino più alto? Basta essere figlia di tanto padre per immaginare di guidare l’Italia? Basta essere una manager aziendale – dicono capace – per saltare il fosso e perfino rappresentare l’Italia in giro per il mondo? Le rispose sono così ovvie che le omettiamo. L’Italia troppe volte sia stata preda di uomini della provvidenza  che non è proprio il caso di provare ad affidarci all’aspirante donna della provvidenza, figlia dell’uomo della provvidenza.  Eppure non un solo lamento è uscito dalle fila della destra di fronte all’eventualità che donna Marina prendesse il posto del padre anche alla guida di Forza Italia. Anzi, proprio a partire di più scalmanati tra i cosiddetti falchi – Capezzone, madamin Garnero in Santanché, Brunetta, Galan – è stato tutto un coro di candide lodi e celestiali canti. Poi, pare, è stata la stessa Marina a fermare i cori angelici allorquando ha dichiarato che “non scenderà in politica, e resterà alla guida delle aziende di famiglia”.

Tutti noi sappiamo quanto valgono le solenni promesse e i giuramenti in casa Berlusconi, ma questa volta con uno sforzo quasi sovraumano siamo portati a crederle, se non altro per una questione (sua) di convenienza.

Forse, quindi, non saremo costretti a cambiare l’articolo uno della Costituzione. È già tanto, ma il futuro non è roseo lo stesso. Come si dice? Se al presente il tempo non è bello, il futuro fa presagire tempesta.