Il sonno della ragione genera mostri

19.09.2014 04:47

Dal tutto e subito di sessantottina memoria, a ciò che sarà possibile dilatato nel tempo. Da una riforma al mese, alla rivoluzione dei mille giorni. La metamorfosi del primo ministro Matteo Renzi è più che evidente. Affacciatosi sulla scena nazionale dopo lo sgambetto al mite Enrico Letta, l’ex sindaco di Firenze ha voluto dare da subito l’immagine dello schiacciasassi che non conosce confini. Al momento, però, tanti annunci e buone intenzioni di cui come è noto è lastricata la via dell’Inferno!

Oggettivamente il compito del primo ministro è tutt’altro che agevole. La crisi internazionale, la situazione italiana che resta tra le più complesse dei paesi industrializzati e una forma dello Stato farraginosa hanno di fatto impedito l’evolversi di quella rivoluzione annunciata da Renzi ma ferma ai proclami di battaglia.

Alle difficoltà nazionali ed internazionali Matteo Renzi ci ha messo del suo. Da uomo solo al comando, attorniato da figurine di contorno, si è messo contro tutti: sindacati, parlamento e tutti gli altri interlocutori più o meno istituzionali. A questo si aggiunga anche il legame stretto oltre ogni ragionevole ragione di stato con il condannato Silvio Berlusconi che gli ha messo contro buona parte di quei maître à penser non solo di sinistra che non ne vogliono sapere di stare al tavolo con tale e inviso personaggio, avendo dalla loro peraltro un sacco di buone ragioni.

Lanciato il programma dei mille giorni cosa succederà? Succederà che il parlamento o si adeguerà a svolgere la mansione di notaio certificatore delle disposizioni del governo (leggi Matteo Renzi) o sarà mandato a casa con buona pace di quelli che credono nel ruolo centrale di una democrazia parlamentare e non in una monarchia più o meno illuminata e non ancora legittimata dal voto popolare. Matteo Renzi lo ha detto chiaro e tondo nei giorni scorsi alla Camera: o si fa come dico io oppure si torna al voto. Il panico ha avuto il sopravvento in quella schiera di miracolati presenti in tutti i partiti che hanno agguantato lo scranno esattamente come un comune mortale agguanterebbe il primo premio della lotteria Italia. Camera e Senato sono stracolmi di miracolati – e non si pensi solo ai solitamente e spesso ingiustamente sbeffeggiati 5 Stelle o al mitico Antonio Razzi – che sarebbero disposti a tutto pur di spostare  più in là possibile il loro rientro a casa. 

Nonostante la minaccia del voto anticipato la via delle riforme non sarà agevole soprattutto perché pare essere portata avanti come se la riforma dello Stato fosse una delibera comunale pensata e scritta da un sindaco e fatta approvare dalla truppa fedele.  Una prova muscolare, da novella “mascella volitiva” di mussoliniana memoria che ha portato il premier  - grazie alla sua realpolitik  - ad avere un buon consenso personale (anche se calato di molto nell’ultimo periodo) mentre il suo governo arranca tra un annuncio e l’altro.  

Va dato atto al premier di essere uno schiacciasassi tenace e caparbio. Qualità (o difetti) che potrebbero rivelarsi però fatali sulla strada della rivoluzione dei mille giorni. L’Italia ha certamente bisogno di riforme tali da renderla una nazione moderna al passo con il tempo. Va molto bene anche la fine del bicameralismo perfetto così come serve una vera riforma elettorale. E su tutto una vera, riforma del lavoro che non sia però penalizzante oltre modo per l’anello debole della catena.

Tutto questo però non può avvenire affossando la Costituzione o affidandosi a uomini della provvidenza “unti dal signore”. Non è il caso di rimpiangere quel famoso e famigerato teatrino della politica che ha nauseato i cittadini di ogni colore e portato l’Italia nella palude. Ma non è nemmeno il caso di assistere passivamente al teatrino messo in scena dai gemelli Renzi e Berlusconi che sono ormai diventati una coppia così affiatata da non poter esistere l’uno senza l’altro. Di tanto in tanto, con viaggi strombazzati e alla luce del sole perché tutti vedano e capiscano, i due si incontrano, che poi il contenuto degli incontri resti segretissimo è un altro discorso: chi deve capire capisce.  I patti del Nazareno, tanto per intenderci, si moltiplicano.

Le riforme si fanno insieme? Meglio di si, certo. Ma non a tutti i costi. E non sempre è accettabile  la filosofia secondo cui il fine giustifica i mezzi.

Ad esempio riformare la Giustizia avendo come compagno di viaggio un pregiudicato che dichiara che “oggi dentro la nostra democrazia c'è un cancro, una patologia che si chiama magistratura” qualche dubbio lo lascia. Così come elevare a padre costituente un personaggio condannato per frode fiscale, espulso dal Senato,  di cui la Corte Costituzionale ha confermato come pena accessoria due anni di sospensione dei diritti civili e politici non lascia ben sperare. Eppure la rivoluzione renziana – così come è stata immaginata - non può prescindere dalla coppia Renzi – Berlusconi. E altri personaggi di contorno della levatura di Denis Verdini o di Elena Maria Boschi che a 33 anni e dopo aver scalato le vette del potere con una velocità sorprendente si atteggia spesso a mammina della Patria. Tutto questo avviene nel quasi totale disinteresse delle persone comuni bombardate dalle veline dei trombettieri di regime. Un giorno, prendendo a prestito il titolo dell’opera di Francisco Goya, forse si dirà: il sonno della ragione genera mostri. Purché non sia tardi.

Lascio la chiusura di questo intervento alle parole di Sandra Bonsanti, già deputata, giornalista, presidente dell’associazione Libertà e Giustizia, la quale in chiusura di in un editoriale dal titolo “La palude dei padri della Patria” ha scritto: “Chiuso il Senato, ridotto il Parlamento a una schiera di deputati nominati dai capipartito, bene avviata la strada dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica con conseguente scomparsa di un’altra figura di garanzia, la nuova Costituzione sarà pronta. L’avranno voluta fermissimamente Renzi e Berlusconi, Boschi e Verdini”.

E pensare che un tempo non lontano i Padri della Patria avevano i nomi di Sandro Pertini, Norberto Bobbio, Alcide De Gasperi, Giuseppe Dossetti, Pietro Calamandrei...

Può bastare per azzardare un paragone?