Il malaffare di mafia capitale
05.12.2014 06:42
Altroché la Panda rossa e le multe del sindaco Ignazio Marino. Da giorni la capitale è avvolta dal fetore insopportabile del malaffare. L’operazione “mondo di mezzo” , appena iniziata seppur con il botto dei 37 arrestati e con i 204 milioni di beni sequestrati, ha riportato in primo piano la consueta e torbida vicenda in cui eccelle l’Italia: il malaffare che lega politica, tangenti, imprenditori e, nel caso di Roma, anche la malavita e qualche (ex?) sovversivo. Non si fa in tempo a metabolizzare uno scandalo che ne arriva un altro sempre maggiore. Dal Mose agli appalti dell’Expo di Milano, passando per le spese pazze dei consiglieri regionali la storia è sempre quella: c’è chi ruba impunemente a man bassa con una sfrontatezza senza eguali.
Non si tratta – ovviamente - di fare di tutta l’erba un fascio né di finire tra le braccia dei soliti luoghi comuni, ma non pare che all’estero le cose funzionino così. Di tanto in tanti qualche scandalo che vede coinvolti politici e affaristi succede anche lontano dall’Italia, ma non ha nulla a che vedere con l’italico andazzo. Pare quasi che tangenti e malaffare siano impressi a fuoco nel nostro Dna tanto da far (quasi) diventare sistema quello che dovrebbe essere un’indecorosa e maledetta eccezione. Invece no.
La sbornia del malaffare scoperchiata da “Mani pulite” all’inizio degli anni ’90 aveva illuso molti che la musica sarebbe cambiata. Purtroppo è stata solo una pia illusione durata lo spazio di un mattino o, per dirla alla Eduardo De Filippo, lo spazio di una “nuttata”. Poi le tecniche si sono affinate, i loschi individui in camicia bianca sono diventati ancora più voraci e baldanzosi, e lo Stivale ha continuato a sprofondare anche grazie a queste miserie che ci portiamo appresso.
Passiamo giorni e settimane a perdersi dietro la pochezza della politica, incasinata tra strani patti che appaiono contro natura e le immancabili prove muscolari dei nuovi padroni del vapore, mentre intorno a noi spudoratamente è tutto un giro di denaro sporco.
Adesso è il momento della brutta vicenda di Roma dove, a vario titolo, il malaffare ha messo sullo stesso piano politici e affaristi di destra e di sinistra, anche se al momento, nessun politico è finito dietro le sbarre. Arresti a parte il sisma di Mafia Capitale fa tremare la politica che conta in quanto, come dice l’ex sindaco Gianni Alemanno, anche lui finito nell’inchiesta “se c’era una cupola era bipartisan, andava da destra a sinistra”. Bella consolazione. Tutti colpevoli, nessun colpevole.
Al fresco tintinnare delle manette è subito iniziato il balletto dello stupore solitamente accompagnato dalla “serenità” e dalla “fiducia nella Giustizia” che mettono in campo i politici. Certo un po’ di terremoto l’inchiesta “Mondo di mezzo” l’ha provocata. Ma l’impressione è che il “ramificato sistema corruttivo” (definizione dei magistrati) al cui vertice, secondo gli inquirenti, pare ci fosse l’ex terrorista dei Nar Massimo Carminati, resterà per un po’ nelle prime pagine dei giornali per finire poi lesto lesto nel dimenticato in attesa di un altro scandalo.
Cosa resterà di questo "ramificato sistema corruttivo" finalizzato a mettere le mani sull'assegnazione di appalti e sui finanziamenti pubblici del Comune di Roma e delle aziende municipalizzate della capitale? E che fine faranno i protagonisti di questa mafia senza coppola che ha spadroneggiato nella città eterna? Domande a cui è difficile dare una risposta convincente. Tra qualche anno, rivedremo forse gli stessi personaggi riciclati chissà come, e magari tornati in auge come se nulla fosse successo.
Certo, adesso a prevalere è il pessimismo, ma visti i precedenti c’è poco da stare allegri o da essere fiduciosi. Chissà se tra pseudo riforme, patti del Nazareno, articolo 18 e legge elettorale, chi guida l’Italia si ricorderà di fare una legge chiara che tenga in galera ladri, corrotti e corruttori e cacci nell’oblio perenne i politici disonesti. Sarebbe ora, ma davvero ora, che lo stupore e il dolore manifestato in questi giorni dalla classe politica lasciassero il posto a norme certe in grado di contrastare seriamente il malaffare. La paura è che anche questa speranza finisca per essere l’ennesima vittima dell’utopia.