A nessun comune mortale verrebbe mai in mente di mettersi a sindacare sui numeri. Se c’è una cosa difficile da commentare o peggio ancora da adattare alla bisogna sono proprio i numeri. I numeri, nella loro freddezza, parlano chiaro. Di fronte ai numeri se ne prende atto. Eppure i politici riescono perfino ad arrampicarsi sugli specchi avendo come unico appiglio proprio i numeri. Chapeau! Perfino di fronte al terremoto delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna e della Calabria, partendo da numeri devastanti e desolanti, i politici si sono dati al commento pro domo sua! L’euforia esternata dall’enfant prodige della nostra politica, al secolo Matteo Renzi, altrimenti detto la parola più veloce del West o le mille balle blu, è un incrocio tra il venditore di pentole e il patetico. 
Trovare del positivo di fronte al deserto rappresentato dal numero dei votanti è esercizio che riesce solo a qualcuno. Onestà intellettuale avrebbe imposto meno euforia e più analisi critica. Magari chiudersi a riccio per elaborare il lutto. Invece no, i grilli parlanti hanno dato fiato alle trombette.
D’accordo che il Pd ha vinto per due a zero, ma in che modo? Renzi lo ha ricordato levando metaforicamente i calici: noi siamo i vincitori, altri hanno perso. In teoria è così, ma la pratica è ben altra cosa. Vincere in quel modo ed esserne addirittura felice, la dice lunga sull’onestà dei nostri rappresentanti. In Emilia e in Calabria hanno votato delle esigue minoranze. Forse chi è rimasto a casa non l’ha fatto per pigrizia, ma perché non ne può più di sentirsi raccontare fandonie.
Un altro che ha brindato allo stratosferico successe è l’altro Matteo della politica, ovvero Matteo Salvini, che ha in comune con il Matteo fiorentino la stessa provenienza politica: i quiz di Mediaset. A galvanizzare i due don Matteo evidentemente è stata la percentuale. In effetti percentualmente – dal punto di vista del loro orticello personale - è buono. Ecco perché Matteo Renzi non considera l’astensione un grande problema. Si governa e in alcuni casi si comanda non con i voti ma con le percentuali da essi ricavate.
Il pensiero è stato molto ben sintetizzato da Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano: “Non ignoro l’importanza del dato relativo all'astensione in Emilia e Calabria. Un crollo autentico. In Emilia Romagna, in particolare, si è passati dal 68,1% delle precedenti Regionali e dal 70% delle recenti Europee al 37,7%. In neanche sei mesi si è verificata una voragine di oltre 32 punti percentuali. Ne consegue che, in via teorica, anche chi ha vinto in realtà ha (avrebbe) poco da esultare. Lo stesso Renzi (inutile parlare di Pd: oggi il Pd è solo e soltanto Renzi) perde 77omila voti da maggiodi cui 677.282 soo in Emilia. Uno sproposito. C’è però un dato che pare sfuggire a molti analisti: a Renzi non frega nulla del numero degli elettori. Gli interessa la percentuale, perché è con quella che si vince e si governa”. Ricorda ancora argutamente Scanzi: “Salvini giustamente è estatico, perché il 19% in Emilia è un capolavoro politico, ma Renzi sa benissimo che quella percentuale è improponibile su scala nazionale: la Lega Nord non esiste o quasi al Sud, e anche cambiando nome – come Salvini farà, tramutando la Lega in un Fronte Nazionale stile Le Pen – non avrà mai numeri in grado di impensierire il Pd”.
Quindi anche di fronte all’autentico terremoto rappresentato dalla gente che ha scelto di dire di no a questa politica, qualcuno ha levato i calici e adattato i numeri a proprio piacimento, vendendo nuvole di fumo attraverso i media compiacenti. Nessuno sa se un’analisi se non critica perlomeno obbiettiva è stata fatta nelle segrete stanze delle sagrestie dei partiti. La democrazia è altra cosa rispetto ai quiz di casa Mediaset. I bisogni degli italiani sono cose diversi dagli interessi di bottega dei politici rampanti. Ma questo pare non interessi.
Resta una speranza. Una grande speranza, in noi mortali che non vogliamo arrenderci. Sogniamo che prima o poi la sbornia collettiva o il delirio di onnipotenza che accompagna il cammino di questa nuova classe politica passi presto. Provino, lor signori, a girare per le vie e per i negozi in incognito così magari capirebbero molto di più degli italiani, dei loro bisogni e dei loro drammi; invece che trastullarsi o atteggiarsi a statisti, non avendone né la statura né la conoscenza della Storia del nostro Paese.
L’Italia e gli italiani non sono né la Ruota della fortuna e nemmeno il Pranzo è servito. Spesso, gli italiani, sono come i topolini che corrono dietro al pifferaio magico. Ma prima o poi si svegliano dal torpore. Anche questa però è una speranza.