Fiaba

10.01.2016 07:57

Potremmo iniziare questa breve Nota esattamente come nelle fiabe: c’era una volta… Ebbene c’era una volta un imprenditore che non aveva nulla a che fare con quella masnada di altri imprenditori che hanno messo in scena una gazzarra degna di un cine panettone durante una visita di Stato in Arabia per accaparrarsi il modello migliore di Rolex offerto loro dalla famiglia reale saudita. L’imprenditore della nostra storia, invece, doveva avere un altro senso non solo dell’azienda, ma anche dei valori della vita. Ne parliamo al passato perché il “nostro” imprenditore non c’è più. Ha abbandonato questa terra per altri lidi nello scorso mese di giugno, ma prima del commiato ha voluto lasciare dietro di sé un altro segno tangibile della sua grandezza. Per volontà testamentaria, Piero Macchi, questo è il nome dell’imprenditore, ha disposto una donazione da un milione e mezzo di euro da dividesi tra i 280 dipendenti della  Enoplastic di Bodio Lomnago, l’azienda da lui fondata nel 1957. Il dono dell’illuminato imprenditore è arrivato in busta proprio a Natale che poi è il periodo più propizio per le fiabe comprese quelle che poi diventano vere. Così, in base agli anni di anzianità i dipendenti hanno avuto in dono un assegno dal valore variabile tra i 2000 e 10.000 euro e per qualcuno, come ricorda la figlia Giovanna,  la cifra è stata molto più generosa tanto che “il gesto ha cambiato loro la vita e questo era in fondo lo scopo del lascito”. La notizia è diventata pubblica perché ne hanno parlato i dipendenti ed è stata ripresa dai giornali, altrimenti la famiglia non ne avrebbe fatto cenno fedele al motto della discrezione che per tutta la vita ha accompagnato il signor Piero, il benefattore di Bodio Lomnago. I dipendenti hanno ricevuto l’assegno dalla moglie Carla accompagnato da una toccante lettera di ringraziamento. Ringraziamento a loro, ai dipendenti, proprio come voleva Piero Macchi. Spiega la figlia Giovanna: “Mio padre ha agito come sempre nella piena autonomia delle proprie decisioni, con la collaborazione di un notaio di fiducia e di un consulente del lavoro. E nel modo che riteneva più opportuno. Il tutto è stato poi gestito personalmente da mia madre”. La grandezza di questo gesto straordinario sta anche nella semplicità delle parole della figlia, che non ha usato un vocabolo in più o uno appena appena incensatorio nel rispondere alle domande dei giornalisti. L’Italia che ci piace è questa. L’Italia che non si piange addosso e si rimbocca le maniche, senza maledire il mondo intero magari per coprire i propri fallimenti. È questa Italia generosa e altruista che ci rende orgogliosi di dirsi italiani. È la storia di questi uomini che non si accapigliano per un Rolex, non si abbuffano ai ricevimenti istituzionali e non sgomitano per avere 10 minuti le luci delle ribalta o che magari si arricchisce rubando i soldi dei contribuenti, che ci piace ricordare. Gli imprenditori e i dignitari delle imprese di corte lasciamoli ai cine panettoni o ad un remake di un film di Toto e Peppino De Filippo. Noi ci teniamo stretto l’esempio del signor Piero grazie al quale il Tricolore può essere sventolato senza provare vergogna. Quella vergogna che ci hanno fatto provare i vari Lawrence, pardon, Rolex d'Arabia.


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