Dacci oggi la tangente quotidiana
Ci voleva un papa come Jorge Bergoglio per dire con la semplicità del linguaggio che gli è propria che le tangenti sono un male assoluto. Il santo Padre le ha paragonate alla droga, perché come la droga le tangenti sono un flagello. Un male assoluto, appunto.
Le parole di papa Francesco cadranno ovviamente nel vuoto. Dopo qualche giorno di ribalta la stampa nazionale virerà l’attenzione su cose meno impegnative. Magari tornerà in auge Ruby o qualche altra stupidità lanciata nell’etere dai nostri politici dispensatori di ovvietà. Mentre il fenomeno delle tangenti – vera piaga nazionale – passerà praticamente sottotraccia.
Chi si illudeva che Mani puliti ne avesse estirpato la mala pianta, dopo anni si è risvegliato disilluso. Passato il clamore e la voglia più forcaiola che di onestà che aveva pervaso l’Italia da nord a sud, passati di moda i cortei in favore dei magistrati senza macchia e senza peccato, ovvero quei sceriffi ai quali era stata affidata la nostra sete di vendetta contro una casta disonesta, tutto è tornato più o meno come prima.
In un paese come l’Italia dove la corruzione è stata elevata a sistema, dove le regole vanno bene solo in linea teorica, dove il vero passepartout che apre ogni porta è “di che ti mando io”, che impatto possono avere le parole del papa? Anche i credenti, compresi quei frequentatori di balaustre, che si lavano la coscienza con una preghiera e magari con un’offerta, non sentiranno il dovere di dare sostanza all’invito di papa Francesco di “portare a casa ai propri figli pane buono, cioè onesto, e non pane sporco?”
È probabile che il gene della corruzione sia un po’ nel nostro italico dna. Per molti italiani, anche tra chi siede nell’olimpo degli dei, lo Stato è il nemico e la cosa pubblica qualcosa che non ci appartiene. Più o meno una mucca da mungere dopo che il contadino l’ha fatta crescere. Pagare le tasse, per molti, è una pratica sconosciuta per altri anzi una parola mai sentita. Esagerazioni? A vedere come la mala politica e una classe imprenditoriale prosperata all’ombra della stessa politica hanno ridotto l’Italia parrebbe di no.
Se pensiamo che la commissione Europea ha stimato che ogni anno all’economia continentale vengono sottratti circa 120 miliardi di euro e che la metà di questi sono appannaggio della sola Italia, si potrebbe ancora parlare di esagerazioni? Capito bene? Sessanta miliardi sottratti all’economia e alle tasse! Ed ancora. Sempre la commissione Europea, analizzando e intrecciando dati, ha ipotizzato che nel nostro Paese il 10% degli appalti pubblici è viziato dalla corruzione. Dove vanno questi soldi? Naturalmente alla politica sporca e al giro del malaffare.
Esistono, ovviamente, molti imprenditori e politici onesti ma per loro la vita è spesso complicata. Poco prima che scoppiasse Tangentopoli ad un politico socialista che gridava a gran voce contro il malaffare e chiedeva pulizia all’interno del suo partito e nella politica in generale, gli affibbiarono spregiativamente il nome di Mastrolindo. Poi sappiamo come andò a finire. E purtroppo il tritacarne non risparmiò neppure quei pochi onesti che avevano provato a ribellarsi.
È triste constatarlo ma la partita è più dura per gli onesti che per i figli di buona donna, sia in politica che nell’impresa. Al disonesto, se beccato come è successo in migliaia di casi, basta lasciare che passi ‘a nuttata. O magari un bel pentimento et volià, il gioco è fatto. Perché da noi, e questa è storia, un bel pentimento apre tutte le porte comprese quelle della galera. Per chi ha poco da pentirsi o ne ha combinate troppo poche, se non ha un bel cognome alla Ligresti e il cellulare del ministro della Giustizia, marcisce in galera. Per gli altri c’è sempre una via d’uscita, che diventa legale con l’avvallo della politica.
Non c’è speranza, quindi, di vedere un giorno l’Italia diventare una nazione “nornale”? Sperare che l’Italia risalga la classifica in Europa per le sue tante e belle qualità e non per le nefandezze di poche persone, sarà utopia?
Il percorso forse sarà lungo e, come per ogni lungo viaggio, sarà necessario partire con un primo passo. E se il primo passo verso la legalità, verso il rifiuto di ogni scorciatoia, verso la politica e l’impresa onesta, fossero le parole del papa? Abbiamo la fortuna di avere a guida della Chiesa un uomo come Jorge Bergoglio, un cuore semplice ma dai grandi gesti e dai grandi esempi. Un uomo che predica bene e vive ancora meglio. Ebbene se fossimo capaci di dare sostanza alle sue parole, comprese naturalmente quelle contro la corruzione, i passi diverrebbero una marcia trionfale e tutti noi gli artefici di un cambiamento epocale. Avendo come stella cometa del nostro cammino, credenti e non credenti, un uomo come papa Francesco che indica la via e si mette a fianco del pellegrino.