Celeste

08.02.2016 06:51

L’uscita estemporanea di Beppe Grillo sulle unioni civile, se ha rovesciato il tavolo di ciò che fino ad un attimo prima si dava per acquisito, ha portato linfa e aria fresca alle ugole dei contrari al disegno di legge Cirinnà. E così sono subito scesi in campo i vari chierichetti ai quali non è parso vero di ricevere un così bel regalo dal fondatore del Movimento 5Stelle. Ma se Angelino Alfano, tanto per dire di un chierichetto, si è limitato a twittare entusiastico che “su Cirinnà Grillo non assicura più i voti M5S. Si riapre la partita. Potrebbe saltare l'intera legge. Bene, scenario molto interessante”,  e Beatrice Lorenzin ha gioito al grido di “una vittoria di tutti quelli che hanno auspicato l'apertura di una discussione franca e sincera”, altri sono scesi in campo con il machete lasciando il turibolo in sacrestia.  La palma del peggiore in assoluto va al chierichetto per antonomasia, a colui che vive di ascetismo puro… insomma al “Celeste” che per chi non lo sapesse corrisponde al nome di Roberto Formigoni. La gioia pacata del senatore è da manuale delle buone maniere e soprattutto rispettosa delle idee delle persone che la pensano diversamente da sé stesso. E da buon “Celeste” frequentatore di balaustre non poteva che essere piena di umana comprensione. Eccola quindi la dichiarazione del chierico di Milano: “Odore della sconfitta sta procurando crisi isteriche gravi su gay, lesbiche, bi-transessuali e checche varie. Non è bello, poverini”. Questo è il pensiero sublime, ascetico, morigerato e mistico di un uomo di fede campione di tolleranza e portato alla tolleranza. Tra le tante prese di posizione che il tweet di Formigoni ha provocato in rete merita menzione quello di Paola Concia, ex deputato Pd, attivista per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e trans gender la quale ha pennellato: “Caro Formigoni il tuo inconscio ti rende sublime, sei oltre. Mi fai tenerezza, giuro”. Ad altri, e tra questi a chi scrive questa nota, la dichiarazione di Formigoni o il Formigoni stesso non fa tenerezza, ma provoca solo disgusto. Disgusto verso un politico di primo piano, senatore della Repubblica, un “ciellino” in teoria tutta casa e chiesa, che definisce checche isteriche gay e lesbiche mentre sarebbe bastato combattere la Cirinnà tra i banchi del Parlamento senza lasciarsi andare ad un linguaggio che una volta era chiamato da scaricatore di porto, con tutto il rispetto per gli scaricatori. Questo è il tenore di parte della classe politica del nostro Paese. Una classe politica sempre più propensa a ricorrere all’insulto a scapito del dialogo. Roberto Formigoni, il chierichetto Celeste, ne è un esempio ma lui non se cura. Si inginocchierà nel confessionale per dire: padre, forse ho peccato. Pater, Ave e Gloria e vai di  santa comunione. 


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